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Sguardo critico


Uscire dai limiti angusti di tecniche e generi tradizionali

Chi fa arte deve riflettere a fondo sui materiali che usa,
per poter esprimere un significato reale
.”

Giuseppe Uncini

La ricerca e lo studio delle diverse opere di Uncini, ci ha condotto a una rilettura critica e personale di una specifica opera: “Architetture, n. 203”. Realizzata nel 2005, rappresenta una delle sue ultime creazioni ed è contenuta all’interno della collezione “Architetture”.   

La visione dell’opera ci ha fin da subito indirizzato verso una chiava di lettura, del tutto personale, legata al grande ambito della rappresentazione grafica del territorio e strettamente connessa alla geomorfologia e alla topografia.

La sovrapposizione delle diverse lastre di cemento è stata riletta da noi come stratificazione di curve di livello che richiamano alla mante l’irregolarità e i dislivelli del terreno lungo le sponde del fiume Aniene. Tale reinterpretazione è stata da noi materializzata in una rappresentazione grafica e una costruzione tridimensionale. Abbiamo “ricreato” l’opera tramite l’ancoraggio di un perno che permette di ruotare le lastre e disporle in posizioni diverse cosi da generare una molteplicità di layer interpretabili come ipotesi progettuali.

                                                   Parola chiave --> STRATIFICAZIONE 
Architetture, n.203 (2005)




Il cemento per Uncini è il mezzo per realizzare un’idea <<e l’idea è sempre quella, un’idea fissa, costante, il “costruire”, lo “stupore”>>.  La maggior parte delle sue sculture, intitolate “Cementoarmato”, sono realizzate in c.a., con la formatura tipica dell’edilizia, in cui i ferri svolgono funzione compositiva, sottolineando le linee forza delle forme.

Quella di Uncini è una tecnica che non lascia spazio all’improvvisazione; tutto parte dal progetto, dal disegno geometrico che si fa più accurato al crescere delle dimensioni delle opere che conquistano rapidamente lo spazio vissuto


La ricerca di Maria Lai: Oggetto Paesaggio

“Tenendo per mano il sole” è il titolo della mostra e della prima fiaba cucita realizzata da Maria Lai (Ulassai, 1911 – Cardedu,2013) nel 1984.

Il titolo è un verso che richiama il suo interesse per la poesia, il linguaggio e la parola; il sole evoca la cosmogonia delle sue geografie; mente nel “tenere per mano” è insito l’aspetto relazionale della sua pratica e la vocazione pedagogica della sua arte.

Nell’intento di raccontare nel modo più completo possibile la personalità di Maria Lai, le diverse famiglie di opere che compongono il suo lavoro – telai, lenzuoli, tele cucite, fiabe, libri cuciti, libri scultura e geografie – sono raggruppate in capitoli aperti che prendono il nome da citazioni o titoli di lavori dell’artista, mentre il sottotitolo rende conto di modalità tipiche della sua ricerca: essere è tessere; cucire e ricucire; l’arte è il gioco degli adulti; giocare e raccontare; oggetto paesaggi;  disseminare e condividere;  il viaggiatore astrale; immaginare l’altrove; l’arte ci prende per mano; incontrare e partecipare.

L’esito della nostra visita alla mostra si è concretizzato nella rilettura grafica e concettuale di “Asfalto” una delle tante opere presenti in esposizione. Si tratta di un collage di stoffe e fili realizzata nel 1974 a cui abbiamo attribuito una nostra personale visione.

Interpretiamo questa tela come se si trattasse di un paesaggio rurale in cui si propaga una maglia di filamenti, da noi considerata come metafora del sistema informatico che gestisce ormai la nostra società e dunque anche la “nuova progettazione” (tema approfonditamente espresso nel libro “Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura” di Antonino Saggio).  La complessità della struttura digitale (insieme di filamenti), come fosse un organismo vivente, si ramifica e si espande fino a incontrare e “contaminare” la purezza dell’ambiente naturale (stratificazione di stoffe) con cui cerca di costruire un legame. 

                                          Parola chiave --> NATURA E COMMISTIONE 
 
Asfalto (1974)





Ricerca svolta in collaborazione con la studentessa Giulia Lisena.

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